Viaggio in Val d’Orcia: pochi giorni, ma intensi e suggestivi come i paesaggi sinuosi che si sono dipanati davanti ai nostri occhi.
Flessuose colline, ricoperte da uliveti, alternati a campi dorati appena mietuti, definiti con geometrica perfezione da ordinati viali di cipressi e da romantiche impronte del passato, fatte di casolari, di castelli e borghi in travertino.
Sommario
Val d’Orcia: l’icona
La Toscana raccontata da antichi pellegrini lungo la via Francigena, come il diario di viaggio compilato nel 990 dall’arcivescovo Sigerico, di ritorno da Roma verso Canterbury lungo la via Francigena, con l’annotazione precisa delle mansiones, le stazioni di posta lungo il cammino.
La Toscana dipinta dai maestri della scuola senese, ideale di equilibrio nelle riproduzioni dei paesaggi e nell’armonica convivenza con la natura. Paesaggio visto come luogo di attività produttive ed economiche, di lento e costante dominio dell’uomo sulla natura selvaggia.
Con Ambrogio Lorenzetti, primo interprete a reinventare la pittura di paesaggio, dopo i grandi dell’antichità, si pongono le basi per una identità storico-geografica e si anticipa il rinascimentale giardino all’italiana.
La Toscana celebrata da film memorabili, come Romeo e Giulietta, il Gladiatore, Il Paziente Inglese.
L’icona, l’immagine vivida che abbiamo da sempre nel cuore quando pensiamo a quella regione.
Val d’Orcia: rivelazioni
Fermi tutti! Stop al Romanticismo! Riavvolgiamo il nastro, mi dispiace deludervi, ma la Val d’Orcia, come noi oggi la osserviamo, è frutto d’invenzione, è costruzione, anzi è ri-costruzione.
Sappiamo bene come il paesaggio sia frutto di secolari alterazioni. L’esempio più noto di queste trasformazioni è proprio il paesaggio toscano, il cui territorio è stato modellato nei secoli dall’attività agricola dei mezzadri.
Ma in Val d’Orcia questo mutamento non è avvenuto nel corso dei secoli, non è stato lento! Fino agli anni Trenta del secolo scorso, infatti, tranne che nei borghi, la Val d’Orcia era spopolata e improduttiva, tappezzata di calanchi.
Negli anni Sessanta fino agli anni Novanta è avvenuta la trasformazione fondiaria e la bonifica: si è iniziato a spianare calanchi e arrotondare colline, con l’utilizzo di mine prima, di ruspe e bulldozer in seguito, per far posto a vasti campi di grano, o di colza.
Proprio così: le morbide fertili colline della Val d’Orcia erano sterili calanchi e brulle biancane. Erano una landa desolata, dimenticata da Dio e dagli uomini (è così che la Val d’Orcia viene descritta da buona parte di tutti i viaggiatori del Grand Tour nel Settecento).
Nel giro di cinquant’anni ha completamente cambiato la sua fisionomia ed ha assunto quell’aspetto ‘‘esteticamente gradevole’’ che le ha fatto guadagnare l’ambito riconoscimento Unesco.
Quest’analisi, frutto degli studi di Mariano Fresta che riporto a fine articolo nelle fonti, non intende screditare la Val d’Orcia, ma propone una riflessione su ciò che siamo abituati a definire “tradizione” e sulle motivazioni e i criteri (erronei, secondo Fresta) che hanno spinto l’Unesco a dichiararla Patrimonio dell’Umanità.
Le trasformazioni, anche violente, l’hanno comunque resa un territorio produttivo, e piacevole all’occhio e al cuore.
Consapevoli della sua storia recente, non possiamo negare infatti, che per quanto ritoccata nell’aspetto, la Val d’Orcia ci ha conquistati.
Ecco le nostre tappe.
Radicofani: storie di antichi vulcani e di briganti gentiluomini
Il castello di Radicofani sorge su un’elevata rupe di roccia basaltica. Un antico vulcano ha fornito il materiale da costruzione per gran parte del paese e della rocca.
Come un’isola, domina tutta la Val d’Orcia, ed è stato importante centro nevralgico durante tutto il Medioevo. Salite in cima e godete del meraviglioso panorama a 360°: questo è il punto più alto di tutta la Val d’Orcia.
Il castello ospita interessanti reperti rinvenuti durante il restauro. Giocate a nascondino nei cunicoli sotterranei che portano ai cinque bastioni, interamente illuminati e visitabili.
Fu quartier generale del brigante Ghino di Tacco.
Nelle vicinanze del piccolo borgo ai piedi della rocca (castello e paese sono collegati sia da una strada percorribile in auto che da un percorso pedonale tra gli alberi) date uno sguardo alla cinquecentesca Stazione di Posta, edificio adibito a sosta temporanea dei messi, delle diligenze e pellegrini, per rifocillarsi alla locanda “Osteria Grossa” ed effettuare il cambio dei cavalli.
Situata lungo la via Francigena, fu frequentata da pellegrini diretti a Roma, alcuni illustri come papi, re, scrittori, e fu attiva fino la fine del 1800.
Bagno Vignoni: la piazza d’acqua
Bagno Vignoni non è il tipico borgo toscano, o meglio, non è soltanto il tipico borgo toscano.
Prima di addentrarci nel cuore della piccola frazione del comune di San Quirico d’Orcia, ci siamo imbattuti nel Parco dei Mulini, interessante area archeologica ad ingresso gratuito, che testimonia la principale attività del territorio già dal Medioevo: la macinazione dei cereali.
Raggiungiamo il cuore del minuscolo borgo e scopriamo la sua Piazza delle Sorgenti: la piazza è costituita da un’enorme vasca di acqua termale calda, lunga quarantanove metri e larga ventinove. Uno spettacolo unico.
L’acqua calda (tra i quarantanove e i cinquantadue gradi) esce borbottando, con una portata di circa venti litri al secondo. E tutto intorno al bacino, pittoresche abitazioni in pietra con terrazzini fioriti, negozietti di artisti e artigiani, cantine, creano una suggestiva cornice.
Bagni di San Filippo: con gli occhi di un bambino
Ho conosciuto il borgo Bagni di San Filippo molto prima di arrivarci, e di vederlo con i miei occhi.
L’ho conosciuta dai racconti d’infanzia di un amico, che ci ha ospitati per qualche giorno.
Ricordi di vacanze estive, di libertà, di bagni caldi alle terme, scalando la Balena Bianca, quando ancora era possibile, di tuffi freddi al torrente Rondinaia.
Ricordi di quella meravigliosa spensieratezza dell’essere bambini, baciati dal sole, dallo zolfo e dalla libertà dell’estate.
Ho conosciuto San Filippo guardandola con gli occhi di un bambino cresciuto, attraverso il filtro della sua memoria. Ma nell’ultimo decennio la situazione è cambiata.
Lo sparuto gruppo di case ha conosciuto nuova popolarità. L’atmosfera retrò è rimasta, tuttavia la fila di macchine parcheggiate lungo la strada principale la smorza; il consiglio è quindi di visitarla la sera, o all’alba, ancora meglio in inverno.
E mentre i vostri bambini esaltati saltellano da una pozza all’altra e si truccano da pellerossa con i morbidi fanghi bianchi, non preoccupatevi! Grazie al suono delle cascate e cascatelle non sentirete i loro schiamazzi! Scegliete la vostra vasca naturale, alla temperatura per voi più ottimale, chiudete gli occhi e non pensate a niente.
Solo allora anche voi potrete percepire quell’innocente lievità, quel sollievo e forse un po’ di nostalgia.
Pienza: la città(dina) ideale
L’utopia rinascimentale di trasformare la società su nuove basi più moderne, tolleranti, illuminate e cosmopolite fu pienamente condiviso da Enea Silvio Piccolomini, la cui nobile famiglia possedeva alcune proprietà a Corsignano.
Eletto Papa, con il nome di Pio II, rimodellò completamente il borgo medioevale di Corsignano, mutandone il nome in Pienza, elevandolo così al rango di città e sede vescovile.
In realtà Pienza è piccolissima: minuta è la trapezoidale piazza principale, Piazza Pio II, che aduna attorno a sé i principali monumenti eretti da Bernardo Rossellino, allievo di Leon Battista Alberti.
Con i bambini può essere interessante una visita veloce alla residenza papale, sontuosamente arredata, trasformata in casa museo. Al suo interno la sala d’armi, la biblioteca e la camera da letto (con la seduta comoda, cioè l’originale water papale) saranno probabilmente gli ambienti più appetibili per i nostri piccoli turisti.
L’audioguida, gratuita fino ai sei anni, comprende questo palazzo, il Duomo e il Museo Diocesano.
San Quirico D’Orcia: passeggiata nel Medio Evo
Piccolissimo borgo medioevale, di origine etrusca, deve la sua fortuna anche alla posizione sul tracciato della Via Francigena, catalizzatore per la vita economica e sociale. Nel 994 Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, cita San Quirico come una delle principali stazioni di posta lungo la Via verso Roma.
La Collegiata è uno dei monumenti religiosi simbolo di San Quirico. In stile romanico, edificata nel XII secolo sull’impianto di un battistero preesistente, è stata più volte rimaneggiata.
Il portale di ponente, in stile romanico, risale al XII secolo ed è probabilmente il risultato dell’opera di maestri lombardi. Bellissimo l’apparato di decorazioni che richiamano i bestiari medievali. Sul prospetto sud si aprono altri due portali: il primo, attribuito a Giovanni Pisano, è già orientato al nuovo gusto gotico.
La Chiesa di Santa Maria Assunta è un piccolo edificio navata unica, che dall’anno Mille ha mantenuto la sua integrità architettonica. Significativo il protiro del portale laterale, che affaccia sulla Via Francigena.
Tra le architetture civili spiccano Palazzo Chigi e gli Horti Leonini, splendido esempio di giardino all’italiana. Noi li abbiamo trovati chiusi, purtroppo.
Diomede Leoni realizzò un parco senza villa annessa, un luogo quindi non riservato a pochi, com’era nell’uso dell’epoca, ma una sorta di giardini pubblici destinati ai viandanti.
Riserva Lucciola Bella: per aspiranti paleontologi
Questa tappa alla Riserva naturale Lucciola Bella è dedicata a chi, come noi, ama avventurarsi a piedi alla scoperta di luoghi nascosti. Parcheggiate la macchina all’imboccatura della strada sterrata che porta all’agriturismo Lucciola Bella. Trenta minuti circa di camminata vi porteranno alle prime creste ondulate d’argilla.
In realtà i calanchi (forme erosive caratteristiche dei terreni argillosi pliocenici) sono già visibili dalla provinciale, ma vi assicuro che l’esperienza di camminarci sopra, sarà indimenticabile per tutti (grandi e bambini).
E che meravigliosi ritrovamenti! Piccoli fossili di conchiglia impreziosiscono la bianca argilla essiccata. Un vero bottino, ricordo tangibile di una camminata iniziata sbuffando, sotto l’arsura estiva, e finita scalando ripidi calanchi alla luce del tramonto (ovviamente i bambini non volevano più venir via!)
Fonti per gli approfondimenti
Mariano Fresta, 2011, La Val d’Orcia (SI), ovvero l’invenzione di un paesaggio tipico toscano.
Teresa Scarselli
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Federica Assirelli dice:
Mi è piaciuto molto leggere questo tuo articolo sulla Val d’Orcia. L’ho trovato diverso da tutti quelli che ho letto su questa meta così gettonata, quindi complimenti! Ignoravo che fosse un paesaggio “costruito”. Ottimi gli spunti dal punto di vista dei bambini!
Redazione dice:
Grazie Federica, già è molto strano vero? Eppure sono tanti i “paesaggi costruiti”, anche la zona del Chianti, sempre in Toscana, ad esempio.
Claudia dice:
Non vedo l’ora di visitare la Val d’Orcia con mio figlio ma grazie a questo post lo farò con occhi diversi. Non acrvo idea che fosse un paesaggio così recente e artificiale. Stupende le pozze di San Filippo e la Piazza di Bagno Vignoni
Redazione dice:
Recente e artificiale, ma comunque emozionante!
rossella kohler dice:
Bell’articolo, bei ricordi di tanti viaggi, i primi anch’io bambina con i miei genitori. Tanta voglia di tornarci! Grazie per questo tuffo nella Val d’Orcia!
Redazione dice:
Grazie a te!
Valeria D’Esposito dice:
Pur non essendoci ancora stata trovo che queste zone siano ricche di magia. Spero di poterci andare quest’anno, per respirare un po’ di quest’atmosfera meravigliosa!
Redazione dice:
Sì, è vero! Sappiamo bene come la nostra Italia sia uno scrigno di meraviglie!
Patrizia dice:
Eh si, uno dei tratti più belli della Francigena. Qui si si trovano dei paesaggi senza pari, una storia millenaria e anche del cibo che sicuramente è in grado di rimettere in forza i viandanti! I borghi della Valle sono davvero incredibili comunque.