Casentino selvaggio: cosa vedere e cosa fare con i bambini
Benvenuti in Casentino con i vostri bambini e ragazzi! Vi aspettano esperienze indimenticabili, ma soprattutto autentiche, nella natura, nell’arte, nella cultura e nel divertimento! Parola di local!
Sommario
La valle del Casentino: elogio della lentezza
Il Casentino è la stretta vallata in cui scorre il primo tratto del fiume Arno, fino ad Arezzo, dominata dal monte Falterona a Ovest e dall’Alpe di Catenaia a est. Il suo isolamento geografico lo rende un perfetto campione storico ambientale, rappresentativo di come doveva essere tutta l’Italia centrale. Le sue foreste, tra cui la Riserva Integrale di Sasso Fratino, superano i quattro secoli di età e custodiscono uno straordinario patrimonio di biodiversità, da scoprire grazie a sentieri ben segnalati, ma anche attraverso attività organizzate.
I borghi, i santuari e i castelli raccontano storie antiche, di nobili, santi e poeti: i Conti Guidi, San Romualdo, San Francesco, Dante, sono solo alcuni nomi illustri che qui soggiornarono. Ma la storia, lo sappiamo, è fatta anche da persone e attività ordinarie: l’Ecomuseo diffuso del Casentino concorre alla conoscenza della vita quotidiana di contadini, pastori, mugnai e altre maestranze, che nei secoli si sono arrabattati per sopravvivere alla dura vita della vallata.
Stia, cosa fare con i bambini
Stia si sviluppò fin dai primi decenni dell’XI secolo, come mercatale del castello di Porciano dei Conti Guidi, grazie alla posizione strategica per la confluenza di quattro importanti strade che provenivano da Arezzo, Firenze, Mugello e Romagna e dei due fiumi Arno e Staggia.
Ecco le destinazioni culturali che potranno appassionare tutta la famiglia, da somministrare intervallate a immersioni nella natura e nello sport.
Percorsi nella storia e nella tradizione
Al Museo della Lana il piccolo visitatore potrà passeggiare tra i primi arcaici utensili di uso comune nella lavorazione del panno casentino, il tradizionale tessuto di lana tipico della zona. Apprezzato da stilisti come Roberto Cavalli e Pierre Cardin, esportato in tutto il mondo, è un’eccellenza artigianale della zona.
Stia, Museo della Lana.
Stia, Museo della Lana.
Potrà (virtualmente) azionare i pesanti macchinari di uso industriale, per sentirne i terrificanti rumori, in un tripudio di ingranaggi, pulegge e cinghie.
Il Museo è situato nel complesso dell’ex Lanificio, che dopo anni di abbandono è stato restaurato e reso fruibile dalla Fondazione Luigi e Simonetta Lombard, famiglia che aveva gestito la fabbrica nell’ultimo periodo.
Stia, Museo della Lana: arcolaio.
Dal museo, grazie alla passerella sul fiume Staggia, potrete far sosta al romantico Palagio Fiorentino, sede di importanti mostre temporanee.
Ma per essere davvero catapultati nel Medio Evo, raggiungete Porciano, piccolissimo borgo con torre-castello, documentato fin dall’inizio del XI secolo. Attenti, potreste imbattervi in qualche fantasma di cavaliere errante, oppure in qualche gattino voglioso di carezze!
Stia, Castello di Porciano.
Al Mulin di Bucchio vi aspetta Claudio Bucchi, guardiano della memoria, erede di una lunga dinastia di mugnai. Lui non fa più questo antico mestiere, ma ve lo racconterà con schiettezza e passione. Di persona ha curato il restauro degli edifici e si è adoperato affinché diventassero un luogo aperto alla comunità. Conservare, valorizzare e rendere fruibile questo patrimonio culturale, tangibile e intangibile, è la sua missione.
Stia, Mulin di Bucchio.
Percorsi nella natura e nell’avventura
Raggiungete il Canto della Rana, per edificanti passeggiate e refrigeranti tuffi estivi nel giovane Arno. Ma soprattutto, per saltellare tra le fronde degli imponenti abeti, o attraversare il fiume grazie alla zipline, fate visita al Parco Avventura Adrenalina. Sette percorsi a difficoltà crescente metteranno alla prova equilibrio, abilità e sangue freddo.
Stia, Parco della Rana
In bilico tra Romagna e Toscana, il Parco delle Foreste Casentinesi si concede al camminatore attraverso una profusione di sensazioni. Toccate, ascoltate e immergetevi in tutte le dimensioni sensoriali del paesaggio. Esso è fluttuante, in costante cambiamento: lasciatevi sedurre dal caleidoscopio di colori delle foglie in autunno e poi accecare dal silenzio abbacinante della neve in inverno. Ponete l’orecchio al rumore dei fiori che sbocciano in primavera e poi, nei ruscelli, ristorate le membra arroventate in estate.
È ciò che fanno le creature del parco: lo vivono con naturalezza, e se anche voi provate, potrete scorgerle, nel loro magico limbo. Una volpe, un cervo, mamma daino con i suoi piccoli, i cinghiali timorosi e chissà… forse il fuggevole lupo.
Parco delle Foreste Casentinesi: la foto è di Carlo Gabrielli, vincitore nel 2021 del concorso fotografico istituito dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Altertrek, ad esempio, propone attività di Forest Bathing, (Shinrin-yoku per i giapponesi) capace di stimolare il benessere psico-fisico, rinvigorire il sistema immunitario e risvegliare i sensi assopiti.
Il centro storico di Pratovecchio è ornato da una serie di portici intorno alle due piazze principali, quella intitolata a Paolo Uccello, più recente, e Piazza Jacopo Landino, tardorinascimentale. Resta poco purtroppo del nucleo originale del paese, che potrete scoprire passeggiando lungo Arno: la torre medioevale del Cassero (diventata un b&b) si erge armoniosa a guardia del fiume.
Stordirsi con l’essenza toscana al Castello di Romena
A circa due chilometri da Pratovecchio, troviamo le vestigia del Castello di Romena. Eretto attorno all’anno Mille, dal 1125 divenne uno dei possedimenti dei Conti Guidi. La vicenda più nota nelle vicissitudini del castello avvenne nel 1281. All’epoca vi risiedeva Mastro Adamo da Brescia, che, su istanza dei Conti Guidi di Romena, falsificava i fiorini d’oro della Repubblica di Firenze.
Imprigionato e condannato a morte, fu bruciato vivo in una località limitrofa, in seguito chiamata Omomorto; questo episodio è riportato anche da Dante nel canto XXX dell’Inferno: “Ivi è Romena, là dov’io falsai / la lega suggellata del Batista; / per ch’io il corpo su arso lasciai.” Lo stesso Alighieri fu talvolta ospite al castello, durante il suo esilio durato dal 1301 alla morte nel 1321.
Nel 1902 ospitò anche Gabriele D’Annunzio, che qui scrisse alcune pagine dell’Alcyone.
Pratovecchio, il castello di Romena.
Visitare il castello di Romena
Accediamo dal pittoresco viale d’accesso, lungo circa un chilometro e costeggiato da cipressi. Sfoderate le vostre macchine fotografiche, perché qui l’aura toscana risplende in tutta la sua essenza! Entriamo nel cassero grazie al ponte levatoio (una goduria per i bambini), superando un fossato, che in origine era largo circa nove metri e profondo tre. Tre grandi torri fortificate e parti delle tre cerchie di mura concentriche, disposte a quote diverse, è quanto rimane dell’antico castello: l’atmosfera da saga medioevale conquisterà i vostri bambini.
Pratovecchio, il castello di Romena.
Essere in pace con sé stessi e il mondo, alla Pieve di Romena
Lasciata l’auto al parcheggio del castello, con una breve passeggiata tra terreni coltivati e iconici cipressi, arriverete alla Pieve di Romena. La chiesa, edificata in perfetto stile romanico nel 1152, accoglie nelle sue canoniche la Fraternità, una comunità formatasi attorno alla figura carismatica di don Luigi Verdi.
Gigi (così lo chiamiamo tutti) per una forte crisi personale e spirituale viaggia in Bolivia. Nella semplicità e essenzialità comprende che il superfluo è solo una zavorra che sovraccarica il cuore. Torna a casa più leggero e più autentico. E fonda la fraternità di Romena, per aiutare chi sta attraversando un momento di crisi, o cerca semplicemente accoglienza.
A Romena l’esperienza di meditazione e incontro è intensa e autentica, rivolta a tutti. Il luogo, che siate credenti o no, emana energia, pace e serenità, non mancate di visitarlo!
Accolgo vite intere e sensibili
che nessuno può trattenere nè scrivere.
Vite talmente stanche che le parole rimbalzano…
Il mio modo di accogliere è lasciare andare,
lasciar essere,
non fermare i sogni,
non fare ombra al sole che arriva…
don Luigi Verdi
Pratovecchio, Pieve di Romena
Fare una passeggiata con gli alpaca, al Bio Agriturismo Lucatello
Nel turismo rurale è il trend del momento, ma soprattutto è rilassante e distensivo. La passeggiata con gli alpaca è molto simile al trekking someggiato con l’asino: l’animale infatti non si monta, ma si conduce con una lunghina, seguendo il suo ritmo, con qualche pausa merenda e magari una grattatina.
Noi abbiamo provato questa esperienza all’Agriturismo Lucatello, con Maura, che ci ha insegnato come trattare con queste dolcissime creature. Al contrario di quanto scrivono in molti, gli alpaca sono molto timorosi e la loro fiducia va conquistata con delicatezza (e un po’ del loro mangime preferito!) Fatta conoscenza con Guglielmo, Bing e Levante, abbiamo messo loro la cavezza con lunghina e ci siamo diretti verso i campi. Gli alpaca camminano lentamente, si fermano a brucare o a mangiare qualche bella fronda di susino, e senza saperlo insegnano ai bambini a non correre, ad assecondare le esigenze altrui, a immergersi nei profumi e nei colori della natura. Al nostro ritorno in fattoria, abbiamo dato da mangiare ai conigli, accarezzato i gatti, salutato le galline e infine ringraziato Maura per l’ospitalità.
Cavalcare tra antiche foreste, con il club ippico San Donato
Quasi tutti i luoghi di cui vi ho parlato finora, potrete raggiungerli anche a cavallo. Gli istruttori del club ippico San Donato vi faranno scoprire il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi in tutte le sue sfaccettate forme.
Il Club inoltre è inserito come punto sosta del percorso “Ippovia del Casentino”, all’interno della rete certificata di ippovie toscane. Attraverso gli splendidi boschi del Parco delle Foreste Casentinesi, raggiungerete castelli, monasteri e borghi a cavallo (ma anche a piedi o in mountain bike) abbinando la mobilità sostenibile alla scoperta del territorio.
Poppi, cosa fare con i bambini
A Poppi, inserito nell’elenco dei Borghi più Belli d’Italia, si arriva dopo aver attraversato l’Arno a Ponte a Poppi, che nel Medio Evo costituiva il mercatale del castello. Il borgo si è sviluppato attorno al castello, e si dispiega come una lunga successione di portici, dall’Abbazia di San Fedele al Pratello, l’antica piazza d’armi dei Conti Guidi.
Visitare il Castello di Poppi
Simbolo del borgo e stupendo esempio di architettura medievale, il castello si innalza superbo con la sua torre, riconoscibile per la sagoma che ricorda una grossa mano con l’indice puntato verso il cielo. Progettato da Arnolfo di Cambio, architetto che avviò la costruzione del Duomo di Firenze, e che probabilmente usò lo stesso modello del Castello per il progetto di Palazzo Vecchio a Firenze, fu oggetto di varie ristrutturazioni e modifiche.
Poppi, il castello.
Poppi, il castello.
Al pianterreno
Entrate dalla torretta della Munizione, che ospitava un tempo i militari addetti alla sorveglianza del ponte levatoio. Dalla splendida corte interna, con le pareti tappezzate di stemmi in pietra o in terracotta policroma, si accede dal pianterreno alle ex scuderie: entrati, fate notare ai bambini la porticina che serviva per passare il fieno dall’esterno! Probabilmente però i nostri piccoli perversi si interesseranno ancor più delle prigioni, alle quali si accede dalla corte interna attraverso una piccola soglia.
In realtà questa porta fu aperta solo a metà del XVII secolo per volere del Cavaliere Francesco di Romena. Fino a quella data, l’ingresso era la botola visibile sulla volta, dalla quale i prigionieri venivano letteralmente lasciati precipitare. Sotto questa cella c’era un ulteriore lugubre ambiente, utilizzato per i condannati a morte. I poveretti venivano praticamente murati vivi, e lasciati a morire.
Primo Piano
Il Salone delle Feste, con copertura a capriate lignee finemente decorate, oggi è la sede del Consiglio comunale e di manifestazioni culturali. Ma in origine, qui venivano celebrate magnifiche feste e lussuosi banchetti. Sempre al primo piano ha sede la biblioteca Rilliana, che conserva oltre 25.000 volumi antichi, tra cui preziosi manoscritti e incunaboli.
All’ultimo piano si trovavano le residenze dei Conti Guidi, tutte affrescate; in una è esposto un grande plastico della Battaglia di Campaldino.
Con le didascalie avrete occasione di fare un bel ripassino di storia (nel caso, come me, ne abbiate bisogno!), ma se volete fare un figurone davanti ai vostri bambini, basta ricordare che a Campaldino, una grande piana tra Poppi e Pratovecchio, ebbe luogo il celebre combattimento tra guelfi fiorentini e ghibellini aretini, al quale partecipò anche Dante Alighieri. (I ghibellini sostenevano la supremazia dell’impero sulla Chiesa, mentre i guelfi, al loro interno divisi in “bianchi” e “neri”, erano favorevoli ad una politica d’accordo con i pontefici).
La battaglia vide la vittoria dei guelfi, e costituì un avvenimento risolutivo nell’affermazione della supremazia di Firenze sulla Toscana.
Poppi, il castello, interni.
Poppi, il castello, Salone delle Feste.
E finalmente scalare la torre
Infine, dopo questa noiosa pappardella di storia medioevale, dal bel ballatoio del piano nobile arriviamo alla scalinata in legno, il passaggio alla cella campanaria.
Centoquattro scalini di passione, tra i meccanismi dell’orologio funzionante, vi porteranno ansimanti ma felici a cinquanta metri di altezza: intorno a voi la stretta valle casentinese e sopra di voi, due gigantesche campane storiche si mostrano in tutta la sua bellezza. Una sola cosa vi auguro: che non sia mezzogiorno! Avete indovinato perché?
Poppi, il castello, le campane.
Poppi, il castello: vista dalla torre campanaria.
Esercitare lo spirito di osservazione allo Zoo di Poppi
Il 1°Parco Zoo della Fauna Europea di Poppi ospita, a parte qualche eccezione, solo animali europei. Non aspettatevi quindi leoni annoiati che vi valutano (in qualità o meno, di buon bocconcino) o eleganti giraffe ruminanti e un po’ snob, ma solo specie locali che in cinquanta ettari di bosco, praterie e laghetti vivono la loro vita.
La mission dei proprietari è difatti è il benessere dei loro ospiti, mantenendo un ambiente semi selvaggio, simile a quello naturale. La vegetazione spontanea viene lasciata crescere all’interno delle gabbie e voliere, mantenendo una privacyche a volte contrasta con il desiderio del visitatore di vedere senza sforzo l’animale.
Poppi, Parco Zoo: procioni curiosi.
Poppi, Parco Zoo: cervi nel loro recinto.
Al tempo stesso, l’impegno del Parco di Poppi è educare i visitatori ad una maggiore consapevolezza e rispetto dell’ambiente. Sarà quindi un esercizio di pazienza e osservazione per i vostri bambini, avvistare i lupi rintanati nella macchia, o i cervi e daini che scorrazzano in libertà nelle loro ampie recinzioni.
In compenso, gli animali da fattoria sono sempre disponibili a carezze e merendine a base d’erba.
Poppi, Parco Zoo: giochiamo a nascondino?
Anche la storia del Parco Zoo di Poppi è particolare: nato negli anni Settanta dalla passione di un veterinario, il dottor Mattoni, e della sua famiglia, è cresciuto nel tempo. La famiglia Mattoni ha acquistato a sue spese tutti gli animali e il terreno per ri-creare questa esuberante Arca di Noè.
In passato lo zoo è stato oggetto di controlli dopo un servizio negativo di Striscia la Notizia, e ancora oggi non tutti apprezzano la struttura, considerandola fatiscente e gli animali trascurati.
Dal mio punto di vista, non è uno zoo convenzionale e proprio questo è il suo fascino un po’ vintage: la gestione privata, senza finanziamenti pubblici, ha sicuramente alcune carenze, come la segnaletica, o i sentieri a volte non perfetti. Ma gli animali, pur se all’interno di gabbie e recinti, sono ben tenuti.
Visitatelo, e raccontatemi (nei commenti) le vostre esperienze!
Poppi, Parco Zoo: pausa pranzo nella pista vintage degli autoscontri.
Imparare la contemplazione, all’Eremo di Camaldoli
Camaldoli, fondata nell’Anno Mille da San Romualdo, è una congregazione di monaci benedettini.
Le sue due comunità, l’Eremo e il Monastero, rappresentano le due configurazioni dell’esperienza monastica, la solitudine nell’Eremo, e la comunione nel Monastero.
Nel Sacro Eremo, i monaci vivono la loro quotidianità nella preghiera, nel silenzio, nella solitudine, nel lavoro, riassunta nella locuzione latina ora et labora, che, tradotta letteralmente, significa “prega e lavora”.
Molto suggestiva è la visita alla cella di San Romualdo, che mantiene al suo interno la struttura tipica della cella eremitica.
Non mancate di fare una capatina all’Antica Farmacia: sublimi i liquori alle erbe preparati dai monaci, e per i bimbi, caramelle al miele! Più sano di così!
Poppi, Eremo di Camaldoli.
Poppi, Eremo di Camaldoli, foresta sacra.
Raggiolo, cosa fare con i bambini
Su un costone roccioso nella dolce cornice dei monti del Pratomagno, troviamo Raggiolo: fondato dai Longobardi, passato poi ai conti Guidi, fu completamente distrutto nel 1440 e ripopolato nel Cinquecento da una colonia di còrsi.
Raggiolo, la piazza principale.
Scoprite la tradizionale coltura del Casentino, all’Ecomuseo della Castagna, testimonianza dell’identità del villaggio e della sua principale fonte di sostentamento.
Sorprendetevi al Muro delle Parole Dimenticate, immergetevi nelle passate memorie della Stanza del Tempo.
La parte più antica di Bibbiena si trova sulla sommità della collina e si sviluppa tutt’attorno a Via Dovizi, sull’originale percorso delle mura (abbattute nel Cinquecento.
Visitare Arca, il Museo Archeologico a misura di bambino
L’Arca, con sede a Bibbiena, è il piccolo ma interessante Museo Archeologico del Casentino, che merita senza dubbio una visita. Totalmente accessibile e fruibile da non vedenti e ipovedenti, oltre che da disabili motori, è molto ben curato e a misura di bambino, grazie aGuerrino, la mascotte del Museo e alle alzatine per curiosare dentro le teche.
Oltre alla visita in autonomia, è possibile partecipare alle numerose attività didattiche rivolte ai bambini. I reperti spaziano dalla Preistoria, all’epoca etrusca, fino a testimonianze dell’età romana.
Bibbiena, Museo Archeologico del Casentino.
Bibbiena: un laboratorio didattico organizzato dal Museo Archeologico del Casentino.
Connettersi con se stessi, al Santuario della Verna
Il santuario francescano della Vernaemerge dalla rupe nuda dell’omonimo monte, riconoscibile con il suo caratteristico profilo da quasi tutto il Casentino. Il Santuario è un luogo dell’anima, per entrare in connessione con la vostra spiritualità (non serve credere in Dio, per averla!)
Bibbiena, Santuario della Verna dai piedi della falesia. La foto è di Carlo Gabrielli
Potrete raggiungerlo a piedi, con un percorso molto suggestivo di circa mezz’ora da Beccia, un grumolo di case ai piedi delle falesie su cui si stagliano gli edifici sacri de La Verna. Oppure, in caso di figli poco inclini alla passeggiata, in auto, da lasciare al grande parcheggio in ingresso.
Il Santuario è immerso nella foresta di faggi e abeti bianchi, preservata nei secoli dalla sapiente gestione francescana. Fa parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Il monte della Verna fu donato nel 1213 dal conte Orlando Cattani a San Francesco, che vi fondò l’eremo, nel quale ogni anno amava passare prolungati periodi di ritiro.
La visita al Santuario
Arrivate al piazzale principale: la Cappella di Santa Maria Maggiore degli Angeli fa parte del primo nucleo del convento, edificata in seguito all’apparizione della Vergine a San Francesco.
Bibbiena, Santuario della Verna.
Il Corridoio delle Stimmate racconta per affreschi la vita di San Francesco, soprattutto episodi che riguardano la sua permanenza alla Verna. Non sono i dipinti originali, andati persi per deterioramento, ma rifacimenti novecenteschi.
Per i bambini e i ragazzi sarà suggestivo l’ingresso alla grotta con il giaciglio di San Francesco, e ancor di più la discesa al Sasso Spicco. In un’angusta forra che si schiude, un imponente masso sporge (senza cadere) addossato a un altro. Qui si raccoglieva in preghiera San Francesco, e ancora oggi, credenti o meno, il genius loci è intensamente percepibile.
Bibbiena, Santuario della Verna. La foto è di Carlo Gabrielli
Poco prima di entrare nella cappella delle Stigmate, scendendo le scale alla vostra sinistra, non mancate di affacciarvi al balcone del Diavolo. Si narra che il demonio in persona avesse scaraventatonel vuoto il santo, e che la roccia sottostante, aprendosi come la corolla di un fiore ai raggi del sole, lo avesse accolto e così salvato dalla rovinosa caduta.
Bibbiena, Santuario della Verna: verso il Balcone del Diavolo.
Bibbiena, Santuario della Verna: il Balcone del Diavolo.
Dalla sua posizione panoramica, l’eremo domina il Casentino ed è cinto dall’abbraccio della foresta monumentale, preservata nei secoli dei monaci.
La camminata nella foresta sacra
Tutte le foreste sono sacre, da rispettare e venerare. Ma tra questi alberi del Casentino, uomini di grande fede si ritirarono per condurre una vita ascetica di preghiera e contemplazione.
Potrete percorrerle, seguendo i profili ondulati dell’Appennino sulle orme di antichi pellegrini. Il sentiero delle Foreste Sacre ha origine con questo proposito: sette tappe (potrete farne una parte), dal Lago di Ponte di Tredozio al Santuario della Verna. Toccherete i luoghi emblema del Parco delle Foreste Casentinesi, come il Monte Falterona e gli eremi di Camaldoli e La Verna.
Bibbiena, Santuario della Verna. La foto è di Carlo Gabrielli
Affacciarsi alle Marmitte dei Giganti
Proseguendo dalla Verna verso il Santuario di Camaldoli, passando da località Rimbocchi, fermatevi ad ammirare le Marmitte dei Giganti. Dopo aver scherzato con i bambini sul loro strano nome (servivano forse a dissetare i giganti della zona?) spiegate loro che trattasi di erosione di natura carsica, dovuta all’azione delle acque torrentizie.
Bibbiena, Marmitte dei Giganti.
Conclusioni casentinesi
Il Casentino, naturalmente, non finisce qui. L’articolo è in work in progress, ci sono tantissime realtà che ancora non ho descritto: quelle raccontate le ho sperimentate personalmente, in anni di frequentazioni.
Post davvero completo!
Conosco abbastanza il Casentino, ma non in modo così approfondito. La pieve di Romena è davvero suggestiva, così come La Verna. Interessante il museo Arca di Bibbiena!
Marina dice:
Post davvero completo!
Conosco abbastanza il Casentino, ma non in modo così approfondito. La pieve di Romena è davvero suggestiva, così come La Verna. Interessante il museo Arca di Bibbiena!
Teresa dice:
Grazie Marina, se hai qualche suggerimento scrivimi!