Veneto Burano Mazzorbo con i bambini

Visitare Burano e Mazzorbo con i bambini: due isole, due anime

Burano è l’isola dalle tinte sgargianti, quasi sfacciate, un caleidoscopio che tanto appassiona adulti, bambini e ragazzi da tutto il mondo.
Giallo sole, fuxia e rosso geranio, blu di Klein, verde acido, sono i colori vivaci che rallegrano le facciate del piccolo centro.

Burano, vista dai Tre Ponti.
Burano, vista dai Tre Ponti.

La raggiungete con quarantacinque minuti di vaporetto da Venezia: un tragitto che sarà di per sé una scoperta, tra barene lagunari e le altre fascinose isole della laguna.

E Mazzorbo? È la sorella gemella (eterozigote). Così simile negli intenti edilizi, eppure così diversa…
Scopriamole a piedi e in canoa!

Perdersi a Murano, alla ricerca dell’arcobaleno

Abitata da pescatori già in epoca romana, come le altre isole lagunari, a Burano confluirono i profughi di Altino a partire dal VII secolo. Le prime dimore erano semplici palafitte, realizzate con canne intrecciate e poi rivestite di fango. Successivamente furono sostituite da fabbricati in laterizi, coperti da malta e calce.

L’isola dai mille colori

Perdetevi tra le pittoresche calli, viuzze e piazze (a Burano nella toponomastica sono usati sia i termini italiani che veneziani) alla ricerca degli intonaci più variopinti e accesi. È il must di una visita nel piccolo e antico borgo di Burano, e piacerà molto a bambini e ragazzi!

L’abitazione più popolare dell’isola è la Casa di Bepi Suà, tinta a più colori, divisi in rigorose figure geometriche. Nato nel 1920, Giuseppe Toselli, detto Bepi, era un autodidatta della pittura. Dagli anni Sessanta iniziò a dipingere la facciata principale della sua casa utilizzando colori sgargianti e geometrie di ogni sorta, modificandola ogni giorno. Con regolarità ai vecchi disegni ne sovrapponeva di nuovi, in un continuo work in progress.

Burano, la casa di Bepi Suà
Burano, la casa di Bepi Suà

L’antica arte del merletto

Burano è famosa già dal XVI secolo anche la lavorazione del merletto ad ago, un prodotto artigianale raffinato, esportato nelle corti di tutta Europa.
Oggi sono rimaste in poche le artigiane che ancora si dedicano all’antico mestiere del “punto in aria”, creato senza tessuto a sostegno. Visitando il particolare Museo del Merletto in Piazza Galuppi, potrete assistere al loro lavoro e ammirare duecento preziosi esemplari che ne testimoniano l’evoluzione dal Cinquecento al Novecento.

Dal Duomo ai prati

Di fronte al museo vi attende il Duomo di San Martino, con il suo campanile alto cinquantadue metri e con una pendenza di 1,83 metri. I lavori di restauro l’hanno messo in sicurezza, ma nulla hanno potuto contro la subsidenza.
La postazione migliore per apprezzarne la pendenza è da fondamenta di Terranova.

Burano, scova l'intruso!
Burano, scova l’intruso!

Non perdetevi la passeggiata che costeggia la laguna, per apprezzare l’ambiente più semplice e meno turistico: imbarcazioni da pesca, qualche giardino, molte zone verdi.
E adesso, superato imbarcadero e rosicchiando buranelli (biscotti tipici locali) proseguite lungo il ponte longo fino alla sorella bistrattata di Burano, l’isola di Mazzorbo.

Noi arriviamo subito… ma in canoa!

Riscoprire a Mazzorbo una dimensione più umana

A Mazzorbo si giunge solo se non si ha fretta, se si cerca un angolo di laguna ancora autentico, fuori dalle affollate rotte turistiche, in equilibrio tra tradizione di pesca e di agricoltura. È la sorella meno popolare, meno fotografata, un po’ dimessa, ma per questo più vera e genuina.

Noi l’abbiamo raggiunta in canoa, partendo dalla foce del Dese e attraversando la laguna, in un’avventura tra barene melmose, valli da pesca, cigni e fenicotteri rosa.

Arrivo a Mazzorbo in canoa.
Arrivo a Mazzorbo in canoa.

La pesca tradizionale

Lungo il Canale di Mazzorbo, circondati tamerici prorompenti, si intravedono alcuni casoni da pesca, dove i pescatori locali ripongono i propri attrezzi. Nel canale d’acqua osserviamo i vieri, tipici strumenti per la pesca delle moeche.

Si tratta di gabbie in legno e rete metallica, tenuti in sospensione sull’acqua, nei quali vengono lasciati i granchi vicini alla muta, gransi boni, selezionati tra quelli pescati con le reti. Il termine veneziano moeca, in italiano moleca, si riferisce, infatti, a una particolare fase nel ciclo vita del granchio, quando per accrescersi abbandona il suo esoscheletro e per un breve periodo si presenta tenero e molle.

Il pescatore deve controllare i vieri due volte al giorno per raccogliere le moeche pronte prima che formino un nuovo guscio coriaceo.

Mazzorbo, vieri per la crescita della moeca.
Mazzorbo, vieri per la crescita della moeca.

Un calice alla Tenuta Venissa

Anche a Mazzorbo troverete case colorate (anche se con tinte più timide, rispetto alla vanitosa sorella) che si affacciano sull’acqua, ma l’anima di Mazzorbo sono i suoi orti e le sue vigne.

Un’atmosfera bucolica, rilassata e dilatata pervade tutta l’isola: visitate la tenuta Venissa, dove la famiglia Bisol, dopo accurate ricerche agronomiche, ha rimesso a dimora un vitigno autoctono, la Dorona di Venezia. Questa varietà, quasi sparita in seguito alla aqua granda, l’alluvione del 1966, aveva una tradizione millenaria, tanto che nel corso dei secoli si era adattata alla salinità tipica del luogo.

Il perimetro della vigna Venissa è circondato da mura medievali discretamente conservate, che rendono ancora più suggestivo e unico questo luogo.
All’interno della tenuta si staglia isolato il campanile della chiesa di San Michele Arcangelo.

Negli orti la produzione principale è quella delle castraure, i germogli del carciofo tipico dell’isola, da mangiare crude in insalata.

Mazzorbo, la vigna Venissa.
Mazzorbo, la vigna Venissa.

La chiesa di Santa Caterina

Raggiungete infine la chiesa del monastero di Santa Caterina, fondata nell’anno 783 e ricostruita nel secolo XIII; il suo trecentesco campanile conserva la campana più antica della laguna di Venezia.

Durante la Serenissima Mazzorbo rivestiva in realtà un importante ruolo commerciale, essendo uno dei luoghi dove si pagava il dazio alla Serenissima per entrare a Venezia.

Mazzorbo, chiesa di Santa Caterina
Mazzorbo, chiesa di Santa Caterina.

Erano presenti una decina di chiese come questa. Non si trattava di modesti conventi di campagna persi nel niente, ma di importanti complessi religiosi, dove i nobili veneziani “spedivano” le figlie affinché provvedessero alla loro educazione.

Di questo antico splendore non è rimasta traccia. Eppure, chiudendo gli occhi, nel raccolto chiosco della chiesa superstite, sentirete forse ancora le risa di quelle antiche ragazze.

Per scoprire un altro luogo autentico della laguna, visita anche Lio Piccolo, il borgo sperduto tra le barene.


Teresa Scarselli
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